Lunedì 3 Agosto


Ieri verso le 17.00 di ritorno da Ncheu insieme agli altri siamo passati da Ethel che era in casa, mi ha detto che oggi saremo a Toleza e Mbera, lei e Linnie faranno le foto che ogni due anni vengono distribuite ai vari gruppi, io e Melia ci occuperemo di incontrare i nostri bimbi. Con me ci sono anche Marco e Cristina che mi aiutano nelle operazioni. Marco esprime il desiderio di iniziare con la propria Associazione un progetto di sostegno ai bambini come il nostro; loro sono già una ONLUS e quindi non dovrebbero avere problemi. Tra tutte le storie raccontate dai bimbi mi ha colpito molto quella di Annie MIgeya, una ragazzina di appena 13 anni, sostenuta da una coppia di Avezzano, che si e’ presentata con un bimbo sulle spalle, niente di strano da queste parti, strano però e’ che lei risulta la madre della bimba, che in realtà e’ solo sua zia. Cerco di spiegare la cosa. Annie fino a gennaio viveva con la nonna visto che era orfana di entrambe i genitori; con la nonna viveva anche sua sorella che era incinta di un uomo che si era poi, come spesso accade, volatilizzato. La nonna muore a gennaio e quindi Annie va a vivere con la sorella, ma durante il parto anche la sorella muore, lasciando Annie da sola con la piccola bambina che invece si e’ salvata. Per la tradizione del Malawi, Annie diventa la madre della bimba, madre a 13 anni di una figlia non sua. Torniamo a casa intorno alle 14.00, affamati ed in preda ai soliti mille dubbi. In serata accade un fatto spiacevole che ho vissuto insieme a Francesco e Marco al quale lascio raccontare il tutto.
Dopo cena, stavamo prendendo il caffè tutti insieme quando all'improvviso è arrivato Francesco,un dottore pediatra volontario, dicendo che Isaac ( un bimbo bellissimo di circa due anni) stava malissimo ed occorreva subito una trasfusione di sangue. Francesco è un medico pediatra,volontario qui per un mese,che segue tutti gli ospedali/centri sanitari della missione ( che sono quattro ) e spesso deve fare fronte a casi limite come questo. Isaac era arrivato nel pomeriggio nell'ospedale della missione,accompagnato dalla mamma e dalla nonna,e subito le sue condizioni erano sembrate gravi. Nel corso del pomeriggio e della sera le condizioni poi si erano aggravate, e Francesco aveva diagnosticato che l'unica soluzione per salvarlo era una trasfusione urgente di sangue,che nell'ospedale della missione non c'era. Siamo subito usciti di corsa,io alla guida della macchina, Francesco(il medico) e Ilario(un ingegnere volontario);siamo andati a prendere Isaac nell'ospedale della missione in cui si trovava ed insieme alla madre, ho caricato tutti in macchina e siamo andati all'ospedale di Balaka per elemosinare una sacca di sangue per fare la trasfusione ad Isaac. Isaac era stato già ricoverato in altri ospedali a causa di una bruttissima malaria unita alla malnutrizione, ma non gli avevano fatto alcuna terapia,e le sue condizioni si erano aggravate di giorno in giorno fino a ieri sera. Il suo respiro era così affannoso che sembrava il cuore stesse per scoppiargli da un momento all'altro ; lo abbiamo caricato in macchina mentre Ilario gli teneva la flebo in mano ed Isaac si trovava nelle braccia del dottore .Siamo arrivati - guidando nel buio delle polverose strade di qua- all'ospedale di Balaka verso le nove e mezza ,una struttura puzzolente e fatiscente,dove Francesco si è prodigato in tutti i modi per salvare Isaac.Io e Ilario attendavamo fuori, nel corridoio dell'ospedale . Dopo due ore ( dico due ore ... in cui abbiamo visto passare pazienti in ogni stato e purtroppo anche deceduti...) finalmente si è trovata la sacca di sangue per Isaac.Il sangue "sano" qua in Africa è una risorsa scarsissima ( vista la diffusione dell'AIDS) e viene tenuto da parte fino a che un caso non è disperato. Visto l'aggravarsi della situazione,era però diventato difficilissimo trovargli la vena ad Isaac ( Francesco mi ha spiegato che la malaria produce la fuoruscita di liquidi dalle vene al corpo e questo è perché spesso bimbi sono così gonfi come Isaac e questo produce il rimpicciolirsi delle vene e della circolazione del sangue che diminuisce) ;lo hanno bucato in tutti i versi ( compreso nella testa e nel ventre per trovargli la vena ) senza riuscire. Lo tenevano per mano la mamma giovanissima e la nonna con sguardo sempre più rassegnato ed inespressivo ; anche questa è l'Africa,la vita e la morte sono solo due facce della stessa medaglia. Siamo quindi andati, su richiesta di Francesco, con la macchina per le buie strade di Balaka nella notte alla ricerca di un medico anestesista specializzato in queste situazioni ma senza trovarlo. Siamo ritornati demoralizzati all'Ospedale e poi finalmente ... Francesco ci è riuscito e ha trovato la vena ! Gli hanno applicato la trasfusione e , dopo aver temuto inesorabilmente il peggio,la terapia ha iniziato a funzionare e le condizioni del bimbo piano piano sono iniziate a migliorare. Siamo rimasti con lui in Ospedale fino verso le 23.30 quando le condizioni erano nettamente migliori e poi siamo tornati finalmente a casa. C'era un cielo enorme, con una luna brillantissima e tante nuvole illuminate intorno. Avevamo affrontato una notte complicata ma non eravamo stati lasciati soli, ne noi avevamo lasciato solo Isaac.Qua in Africa non si sa mai cosa può succedere ,ne in quali circostanze trovarsi, ma quando le situazioni vanno a finire in questo modo ci si sente persone libere e migliori. Il giorno dopo ( il quattro agosto ) siamo tornati a trovare Isaac, era ancora nell'Ospedale di Balaka ( viste le difficilissime condizioni di Isaac Francesco non si era sentito di spostare il bambino ) e aveva gli occhi vispi, reagiva anche se il respiro restava sempre affannosissimo,ed era seguito dalle sgangherate e disastrose strutture sanitarie di Balaka. Anche Francesco era tornato a trovarlo nel pomeriggio e gli era sembrato che stesse un po’ meglio. Ricordo che nella mia visita dell'Ospedale lo avevo accarezzato, gli avevo stretto la mano ed i piedi , chiamato , e mi aveva guardato con i suoi occhi grandi pazienti e fiduciosi e il suo ansimare sofferente e piangente, reagendo ai miei richiami ed il parere medico di Francesco su una sua parziale ripresa mi avevano rincuorato. Quel pomeriggio è stata l'ultima volta che ho visto Isaac ; nella notte del quattro agosto probabilmente ( nessuno di noi era presente , e non ci si può fidare dei lacunosi racconti del personale medico dell'ospedale di Balaka ) Isaac si è sentito male ,nessuno è intervenuto o anche se ciò è stato fatto è avvenuto in modo maldestro,tardivo e inappropriato ed Isaac non ce l'ha fatta. L'abbiamo saputo il mattino del cinque agosto ; nessuno di noi aveva più voglia di parlare, e per quanto ci siamo sforzati di reagire , i sensi di colpa e la sofferenza per la sua morte hanno continuato e continuano ad aleggiarci intorno. Nessuno di noi può niente qua, le nostre risorse sono scarse e limitate e combattiamo ogni giorno una guerra ad armi impari contro avversari molto più grandi e potenti di noi ( miseria,abbandono,carenza di tutto... ) ma questa straziante vicenda ( come tante simili che abbiamo vissuto in questi giorni ) ci anima tutti a non mollare e la sofferenza di Isaac null'altro può che insegnarci a continuare ugualmente a combattere con pazienza e fiducia perché il futuro di questi bimbi possa essere giorno dopo giorno sempre migliore. Vorrei fare anch’io delle considerazioni su quanto visto questa sera. Secondo me, non appena visto il bambino. il personale medico lo ha dato per spacciato, per cui ha cercato di non sprecare sangue, preziosissimo da queste parti per via dell’alta incidenza di AIDS, per una situazione che sembrava compromessa. La cultura del luogo e’ diversissima dalla nostra, noi diamo sicuramente un peso diverso alla vita umana, facciamo di tutto per preservarla, qui la morte e’ un avvenimento a cui ci si abitua a convivere e la perdita di essa fa parte del gioco. Sembra che il personale medico abbia fissato una soglia di gravità della situazione oltre la quale il paziente viene lasciato la suo destino. Da noi non e’ così. Se non ci fosse stato Francesco il bimbo sarebbe stato lasciato al suo destino senza alcuna altra cura; in poche parole, il bimbo aveva superato, secondo il personale, la soglia di cui parlavo.

 

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