ore 16:00
Dopo lo scalo di circa un’ora a Lusaka nello Zambia, si riparte.
Sembra tutto preparato a puntino.
Aumenta l’attesa per far crescere ancora di
più il desiderio.
ORE 17:40
Finalmente a Lilongwe.
Il viaggio incomincia ad assumere il suo
spessore ed il suo vero senso……E’ quasi buio ed i colori
rossastri che caratterizzano questa terra vengono
esaltati dallo spettacolo che la natura ci offre, quasi a darci il proprio
benvenuto: è il tramonto.
Mi sento frastornata ed i battiti del mio
cuore quasi quasi può
sentirli il mio vicino.Mentre scendo le
scalette dell’aereo, dove ci attende la navetta per portarci a prendere i
bagagli (sperando di trovarli), faccio il mio primo veloce bagno nell’aria
tiepida africana.I bagagli per fortuna sono arrivati
e mentre svolgiamo il solito iter per uscire dall’aeroporto, scorgiamo con grande sollievo un cartello con su scritti i ns. nomi, segno
che la persona incaricata da Bambo Cesare di venirci
a prendere, non ci ha lasciati in aeroporto, ma ha avuto la pazienza africana
di attenderci nonostante tre ore di ritardo.
Ha inizio l’atra parte del viaggio che tanto
preoccupa Ilario e Marco, il mio fidanzato, che consiste nel percorrere circa
300 Km in auto per arrivare a Balaka.Peter, nonostante in alcuni tratti
abbia spinto con l’acceleratore fino ai 130 - 140 Km orari, alle 21:00 in
punto, ci ha lasciati, sani e salvi, in missione, dove ci attende Bambo Cesare che molto gentilmente ci fa trovare la tavola
apparecchiata e ci mette a disposizione un pulmino della missione per gli
spostamenti dei giorni seguenti, dal momento che la struttura dove dormiremo,
si trova nel lato opposto della missione.Il pulmino stenta a partire,
non regge il minimo dice Ilario.Ci conduce tuttavia in quella che sarà la
nostra residenza per 10 giorni.La strada che percorriamo per giungervi è
completamente buia e deserta.Riesco a capire solo che è molto dissestata,
ovviamente non asfaltata e quindi polverosa.L’unica strada asfaltata, mi spiega Ilario, è
quella che abbiamo percorso da Lilongwe a Balaka.
Anche questo rende
più bella ed affascinante la mia avventura.Arriviamo nella nostra residenza.
Una struttura bella esteticamente e nuova.Infatti,
Ilario dice che lo scorso anno, quando lui è ripartito non erano ancora
ultimati i lavori. Margaret, la ragazza
che ci accoglie, ci mostra le nostre camere.E che camere ragazzi!Belle, pulite e confortevoli.
Ci sistemiamo e di corsa a letto.Una bella dormita è d’obbligo, dal momento che
sono più di 25 ore che andiamo girovagando e più di 40 che siamo
svegli.Tuttavia non ho alcuna intenzione
di addormentarmi se non aver prima condiviso con voi le mie prime impressioni
sul mio ingresso nel sogno.
Qui in Africa, il sole
va a dormire presto …………..
Non ci sono lampioni.
Non ci sono luci.
Tuttavia, si scorge, tanta, tanta gente lungo
l’unica grande strada che percorre il Malawi e nelle
stradine che da essa si diramano verso l’interno.
Tanta gente che si muove nel buio con una
disinvoltura tale, da far ripetere in continuazione ad Ilario, che dopo sei
anni che si reca nel Malawi resta ancora sorpreso
della cosa, come facciano a sapere la strada per far ritorno nelle proprie
capanne se non si vede nulla. Questa è la grande
caratteristica che balza all’occhio per chi arriva nel Malawi,
di notte.
Ma chi lo ha detto che
non c‘è luce ?
C’è una luna che
risplende alta e grossa nel cielo e che permette a questi uomini di individuare
il loro giusto percorso.
O Dio mio – mi viene da chiedergli – non
permettere mai alla luna di cessare di illuminare il mondo ed i passi di questi
fratelli così lontani dalle nostra realtà.
Luna che ti permette di scorgere
due occhioni grandi ed il sorriso dolce e disarmante
dei bimbi che abbiamo visto fermandoci
in un rudimentale mercatino, sul ciglio della strada, individuabile grazie
anche a fioche luci provenienti da piccole candele, che tutte insieme,
danno l’idea di un rito pagano.
Lungo il nostro cammino a destra e sinistra abbiamo visto tanti mini falò, circondati da gente, ne
abbiamo incontrati tantissimi lungo i 300 Km percorsi prima di arrivare in
missione, così come sono tantissime le capanne di fango con tetti in paglia o
in lamiera, che occupano questa vasta distesa di terra resa arida dal sole.Non posso non fantasticare
( e per chi mi conosce bene non è una novità) sulla vita che palpita lì dentro.
Cosa staranno facendo, pensando, di cosa
parleranno e soprattutto come stanno ?
Andrò a dormire con la
frenesia che arrivi presto domani per scoprire questi paesaggi alla luce del
sole e per dare voce e risposta ai miei tanti perché….
Ammesso che ci siano delle risposte e dei
perché alle mie domande.
Buona notte africana, a tutti coloro che amo
e che porto nel cuore.
Mie Considerazioni:
·
A differenza di Romina, per me i 300 km che
dividono Lilongwe da Balaka sono stati un calvario; Peter guida bene, ma non credo si renda conto di cosa possa accadere se si perde il controllo della macchina alla
velocità con la quale ha percorso alcuni tratti di strada (punte anche di
150km/h). Comunque anche quest’anno, grazie a Dio, tutto è andato bene; resto dell’avviso che il
tratto in macchina sia il più rischioso di tutto il viaggio.
·
Durante il viaggio ho
pensato alla situazione che avrei potuto trovare in missione per l’assenza di padre
Mario della quale sono molto dispiaciuto, visto il carisma della sua persona. Giunti
a destinazione, ho trovato un buon clima, padre Beppe e
padre Cesare sembrano in buone condizioni, ma l’assenza di padre Mario si
palpa. In perfetta forma ho trovato anche il dottor Carlo
Spini, della cui presenza sono molto felice.
·
"La casa dei volontari", questo il nome della
struttura che ci ospita quest’anno, è molto confortevole, può essere senza dubbio
paragonata ad un nostro albergo a due
stelle; è munita di tutti i servizi ad eccezione dell’acqua calda che manca per circa
tre mesi all’anno. Infatti è stato giustamente scelto
di alimentare il tutto tramite pannelli solari, in inverno (stagione che adesso
stiamo attraversando), visto che il sole è più tiepido non riesce a fornire
energia sufficiente per ottenere acqua calda. Posso affermare che, con una minima, ma proprio minima, capacità di adattamento, chiunque sia in grado di fare questa esperienza senza
particolari problemi di ordine logistico.
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