Mercoledì 25 Agosto

 

Oggi è stata una giornata durissima, sicuramente la più pesante da quando sono qui ed una delle più difficili che io ricordi. Visto che mancano ancora alcuni bimbi da vedere, Ethel mi ha detto di andare con lei a cercarli nelle loro case. Siamo andati allora a Chiyendausiku dove, dopo aver preso un volontario del luogo, ci siamo incamminati verso le capanne dei bimbi nelle quali ero già stato due anni fa. Le capanne e le persone che le abitavano si trovavano vicino ai centri abitati ed al pozzo e,  pur nella loro semplicità e povertà, presentavano un aspetto dignitoso, questa volta invece si trovano fuori in zone internate e per raggiungerle abbiamo dovuto percorrere strade impervie in cui non sono mancati i rischi; ma non è questo il nuovo, quel che mi è apparso davanti, quando sono arrivato nel piccolo agglomerato di capanne ( 3, 4 famiglie in tutto), dove c’era uno dei bimbi che dovevo vedere, è stato uno spettacolo deprimente. Non riesco a descrivere a parole quel che ho visto, ma, per farmi capire, la mia sensazione è stata quella di trovarmi in un campo di concentramento nazista (almeno come lo abbiamo visto in documentari e film). Lo sporco, la puzza, le malattie, la povertà, l’espressione dei volti degli adulti mi hanno gettato in uno stato di grave disagio. Eppure a differenza dei lager queste persone hanno scelto liberamente di vivere in questo modo, e soprattutto quando ho chiesto loro come stessero e se fossero contenti, mi sono sentito rispondere che stavano molto bene e che l’unico problema era che il pozzo era ubicato un troppo lontano. Per curiosità ho poi chiesto a tutti se sapessero in che anno eravamo e che giorno era. Alcuni non lo sapevano!

In tutta sincerità io credo che non riuscirei a vivere in tali condizioni nemmeno per un giorno; la scena si ripete per altre due volte in altri due diversi, sperduti villaggi, al quarto dico ad Ethel: “Stop, non ce la faccio più!”.

La notte è dura da trascorrere, mille domande, mille dubbi, tanta retorica, poche soluzioni, meglio dormire e pensare che sono la persona più fortunata del mondo per il solo motivo di stare in un letto a pensare a queste cose.

 

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