St.Louis Montfort

Catholic Parish

Balaka-MALAWI

 

 

Fr. Mario Pacifici

 

and            

Dr. Carlo Spini

Project Manager

Africa 3000 international n.g.o.

 

 

 

 

 

 

YANKHO PROJECT

                  

 

 

YANKHO project è un programma di controllo, di prevenzione della trasmissione verticale del virus HIV dalla madre al neonato ed in futuro del trattamento dell’AIDS in Malawi.

L’eccellenza delle prestazioni e le ridotte risorse economiche non hanno rappresentato un limite alla possibilità di diffondere la cura ad un vasto numero di persone.

Oggi Yankho project si dimostra un modello funzionante che deve affrontare la sfida della sua crescita. Si tratta di ampliare tutti gli aspetti del sistema:dall’addestramento del personale tecnico e medico (in un paese con una carenza del personale gravata dalla pandemia) a strutture adeguate,dalle possibilità diagnostiche ad una adeguata assistenza al parto,dal monitoraggio delle terapie alla valutazione dei risultati.

Tutto ciò impone delle priorità legate a risorse economiche limitate. In questa fase è stata data precedenza alle donne in gravidanza ed in un settore strategico come quello formativo per medici ed infermieri. La domanda che più mi ha assillato è che sia etico privilegiare una fascia di una popolazione su un’altra. NON SCEGLIERE per evitare il rischio di scelte di priorità necessarie appare il contrario del rischio etico ,in una sorta di limbo che diventa responsabile della scomparsa di inere generazioni.

In questo momento Yankho project è ormai attivo ed approvato dal Governo del Malawi,il progetto viene eseguito in 11 ospedali di cui tre governativi per un bacino di utenza di circa 2 milioni di persone. Sono stati trattati 50 bambini nati da madri HIV  positive e quando rientrerò in Malawi dopo il 10/06/2003 saranno interessati altri cinque ospedali del Nord.

 

IL PROGETTO

 

L’AIDS, a partire dagli anni ’80, ha avuto uno sviluppo che non ha paragoni nella storia delle patologie umane e rappresenta la prima patologia dell’era della globalizzazione. Otre due terzi delle persone viventi con HIV/AIDS vive nell’Africa subSahariana;sono decine di milioni di persone:un ristrettissimo numero di essi ha accesso al trattamento retrovirale e solo chi ha possibilità economiche. Di fronte a tale emergenza, mentre occorre intervenire subito, è necessario iniziare immediatamente a gettare le basi per la costruzione di una risposta a medio e lungo termine.

L’avvento, a metà degli anni ’90 dell’highly active anti-retroviral terapy ha radicalmente modificato la storia naturale della malattia,trasformando l’AIDS in una patologia a decorso cronico.

E’ emerso con chiarezza nel tempo,che l’AIDS non poteva essere combattuto solo con la prevenzione, ma che c’era bisogno anche del trattamento. L’assenza di speranza di accesso  alla terapia, rischia di ridurre drasticamente l’efficacia della prevenzione, riducendo l’interesse a conoscere la propria condizione rispetto all’infezione senza terapia disponibile.

I milioni di morti, di infettati, di orfani richiedono un intervento immediato. Parallelamente, però, l’intervento di emergenza va pensato fin dall’inizio nella prospettiva di uno sviluppo di strutture stabili che siano in grado di affrontare la battaglia su tempi lunghi.

 

PREVENZIONE DELLA TRASMISSIONE VERTICALE DALLE MADRI AL FIGLIO

 

E’ stato utilizzato il protocollo HIVNET 012 modificato (SudAfrica).

Il test utilizzato per la diagnosi dell’HIV è determine hiv-1/2 a cui vengono sottoposte le donne in gravidanza all’ottavo mese rispettando la volontarietà e la massima segretezza del risultato.

 

Le donne sieropositive in gravidanza ricevono le seguenti prestazioni:

a. valutazione dello stato nutrizionale ed eventuale supplementazione

b. testing e counselling per l’infezione HIV

c. educazione sanitaria

d. diagnosi e cura delle infezioni opportunistiche

e. profilassi della trasmissione materno-infantile con farmaci retrovirali(nevirapina 200mg. 1 

    compressa durante il travaglio ed 1 compressa sempre alla mamma dopo 48 ore dal parto,

    nevirapina sciroppo 2 mg.prokilo al lattante dopo 48 ore dalla nascita, allattamento

    artificiale con latte in polvere.

 f. sostegno e monitoraggio per la salute e l’alimentazione del neonato

Questo tipo di intervento viene utilizzato in buona parte dell’Africa: previene l’infezione nel bambino ma non evita che la madre muoia per AIDS e quindi non evita l’aumento del numero degli orfani: nasce quindi un altro progetto più articolato, ma più costoso già utilizzato in Mozambico dalla Comunità di Sant’Egidio secondo lo schema “Mother & Child Prevention  & Care “ (MCPC). Questo progetto presuppone l’esecuzione del conteggio dei CD4+ e della carica virale. Per questi esami sono stati presi contatti con il gruppo di volontari “Casa Perugia” di  Thondwe, presso Zomba.

 

 

MOTHER & CHILD PREVENTION & CARE

 

 

Ancora oggi è una questione aperta quando iniziare il trattamento antiretrovirale.Mentre esiste un generale consenso sul trattare i pazienti con meno di 200 CD4+/mm3, oppure con sintomi evidenti di malattia, non altrettanto si può dire per i pazienti asintomatici con CD4+ superiori a 200. D’altra parte la percentuale di soggetti con CD4+ compresi tra 200 e 350 che progredisce  verso AIDS, in Africa , in tre anni è pari al 38,5% con punte di oltre il 60% in presenza di cariche virali superiori a 55.000 copie/ml.

Queste considerazioni sembrano giustificare un approccio aggressivo nel trattamento che è stato identificato con l’offerta di terapia antiretrovirale anche alle donne in gravidanza con CD4+ compresi fra 200 e 350 e carica virale superiore a 55.000 copie/ml.

Come farmaco antiretrovirale viene scelta l’associazione  di stavudina 30 o 40 mg-lamivudina 150 mg-nevirapina 200mg che in Malawi assume il nome commerciale di Triomune 30 o 40.

La disponibilità di questa preparazioni farmacologia che riunisce in una singola compressa tre farmaci che corrispondono ad uno degli schemi terapeutici testati come efficaci, costituisce un’elemento di grande rilevanza ai fini di una migliore aderenza alla terapia  e della riduzione dei rischi di resistenze agli antiretrovirali.

I farmaci che compongono il Triomune  sono tra i primi impiegati nella lotta all’HIV,e quindi fra i più conosciuti. L’incidenza di effetti collaterali o di reazioni avverse non è elevata e la loro tossicità, nella maggior parte dei casi, è diluita nel tempo tanto da consentirne la rilevazione anche con controlli periodici diluiti nel tempo.

Questo elemento va tenuto presente in paesi dove gli spostamenti non sono né rapidi né semplici ed il contatto con le pazienti è potenzialmente più rarefatto che non in altre realtà.

Se la terapia nelle persone con HIV/AIDS ha l’obbiettivo di contrastare il progredire dell’infezione,nelle donne in gravidanza HIV positive ha anche l’obbiettivo di evitare la trasmissione del virus al feto. In questo senso la carica virale assume, se possibile, un valore ancora più rilevante. Infatti rappresenta l’elemento chiave che condiziona il rischio di infezione del feto da parte della madre anche se evidentemente non è l’unico. A parità di carica virale. Infatti,vi sono diversi fattori di rischio per la trasmissione dell’HIV dalla madre al bambino. Tra questi la malnutrizione, la presenza di ulcere genitali, di malattie a trasmissione sessuale, la rottura prolungata delle membrane, le lacerazioni vaginali, e poi, successivamente al parto e l’allattamento. Sono tutti elementi che vanno presi in considerazione ed eventualmente corretti.

È necessario abbattere la carica virale a meno di 1000 copie per ml per ridurre il rischio di trasmissione in maniera consistente.

Ciò comporta la necessità di una durata media pre-parto non inferiore a due mesi per avere la ragionevole certezza di scendere sotto le 1000 copie/ml nella maggior parte dei casi. Un altro elemento da tenere in considerazione è la tendenza al parto prematuro tipiche delle donne HIV positive. Tenuto conto di tutto ciò si dovrà iniziare la terapia con triomune per tutte le donne alla 25° settimana. La combinazione stavudina(4dt)-lamiduvina(3tc)-nevirapina(nvp)

ha già i presupposti teorico-pratici per arrivare aduna sola somministrazione giornaliera invece delle classiche due (Food and Drug Administration approved a new, extended release formulation of Zerit).

L’uso del Triomune va continuato anche dopo il parto con il medesimo dosaggio.

Al neonato viene comunque somministrata la nevirapina al dosaggio di 2mg pro kilo in unica somministrazione dopo 48 ore dal parto.

Durante la gravidanza la gestante riceve un sostegno nutrizionale(riso, fagioli, olio, zucchero)ed un supplemento polivitaminico, con l’obbiettivo di contrastare la malnutrizione e l’anemia, ridurre la quota di parti prematuri(vit A)e l’incidenza quali-quantitativa del basso peso alla nascita.

Parametri di laboratorio indispensabili da determinare sono:

1.emocromo e formula leucocitaria

2. funzionalità epatica

3. funzionalità renale

4. ferro

5. valore percentuale ed assoluto delCD4+

6. carica virale come livello di RNA plasmatici                                                         

Per quanto riguarda la profilassi delle infezioni opportunistiche, l’unica inserita nel protocollo è la somministrazione d co.trimoxazolo quotidiana per sei mesi nelle donne con meno di 200 CD4+all’arruolamento. L’impianto del protocollo terapeutico che emerge da queste considerazioni appare molto semplice e piuttosto omogeneo.Va tenuto conto del fatto che i candidati al trattamento sono nella totalità dei casi persone che non sono state sottoposte ad altre terapie antiretrovirali precedentemente; di conseguenza l’efficacia è potenzialmente superiore a quella che gli stessi trattamenti hanno avuto tra i pazienti europei o nordamericani che venivano da  esperienze con schemi terapeutici rivelatesi subottimali.

Il costo per ogni mamma trattata, comprensivo di terapia antiretrovirale per un anno,della profilassi e delle eventuali terapie delle infezioni opportunistiche, sostegno nutrizionale in gravidanza e dopo,profilassi antiretrovirale e sostegno nutrizionale al bambino, è pari a 200-250 euro e quindi potremo coniare un nuovo slogan “ADOTTA UNA MAMMA” e ridurremo così il numero degli orfani.

Una speranza è quella di arrivare in futuro alla informatizzazione e al teleconsulto  dei vari centri ospedalieri arruolati nel progetto Yankho.                                                                                     

Carlo Spini